reddito di base

Marta, Carlo e il reddito di base

– Una spiegazione “narrativa”, liberamente tratta da una storia vera, del perchè, secondo me, contro la violenza sulle donne e il femminicidio non servono campagne mediatiche e disegni di legge ma, piuttosto, il reddito di base, e del perchè anche questa lotta si connette a tutte le altre. Questa storia è opinabile da molti punti di vista e me ne rendo conto, ma è una storia vera e ho scelto di raccontarla senza troppe modifiche sostanziali.  –

Marta non è la Marta di cui ha parlato Matteo Renzi. L’unica cosa che Marta e Matteo Renzi hanno in comune è il legame con gli anni ’80. Adesso possiamo dare una risposta concreta ai dubbi di Raf, al suo “Cosa resterà di questi anni ’80?”: è rimasto molto, di quegli anni ’80. Qualcuno, pensando a Renzi e al refrain di yuppismo e Democrazia Cristiana della peggior specie,  direbbe che è rimasto il peggio,  ma Marta non sarebbe d’accordo perchè quello che le è rimasto degli anni ’80 è una figlia.

Marta ha scoperto di essere incinta mentre studiava all’università, mentre ballava, bella com’era, tra un disco di De Andrè, uno di Battisti e uno di Battiato. Ha deciso di tenere la bambina e qualche mese dopo averla data alla luce ha sposato Carlo, il suo fidanzato storico. Un anno dopo si è laureata in Psicologia.

Adesso Marta ha superato i quaranta, è sposata con Carlo da venticinque anni, hanno avuto un altro figlio. Ha lavorato per anni come assistente sociale, poi cinque anni fa hanno tagliato i fondi regionali per il progetto su cui lavorava e da allora si accontenta di lavoretti saltuari. Carlo invece è un dipendente statale. Il punto è che il matrimonio tra Carlo e Marta non funziona, l’amore è morto e a lei vivere di abitudine e lavori domestici per marito e figli non basta più, è frustrata, sconfitta e ha poca forza per provare a ricominciare e a rimettersi in gioco. Nel deserto coniugale degli ultimi dieci anni della vita di Carlo e Marta, paradossalmente i tradimenti reciproci sono stati gli unici momenti di vita, una sorta di defibrillazione, un tentativo violento di tirare fuori da una morte annunciata qualcosa di già morto. E sono stati dolorosi, perchè per Marta e Carlo, e per la realtà provinciale in cui si trovano a vivere, non è mai esistita alternativa alla coppia tradizionale, alla famiglia tradizionale, due cuori e una capanna: probabilmente le alternative non hanno nemmeno mai saputo immaginarle. La loro storia è diventata una versione più triste, più squallida e senza la Winslet e Di Caprio di Revolutionary Road, il film di Sam Mendes tratto dal libro di Richard Yates.

Carlo non perde occasione per far stare male Marta, per rinfacciarle il tradimento, più per il suo orgoglio da maschio alfa ferito che per amore, perchè amore per lei non ne prova più da tempo, non prova più amore per nessuno. Ha minacciato più volte di picchiarla. Di picchiarla davanti a tutti, ancora una volta per rimarcare il suo essere maschio alfa. Non lo ha mai fatto materialmente, ma la minaccia verbale è già abbastanza dolorosa.

«Scusa, Marta, perchè diamine non lo lasci se non vi amate più?»

Le sue amiche glielo hanno chiesto spesso. Le donne emancipate fanno così anche nei film: se una relazione va male divorziano. E’ la cosa più naturale a cui viene da pensare, nel 2014, la soluzione più semplice ed immediata, oltre che il commento più en vogue e scontato per commentare i casi di violenza sulle donne: perchè-non-lo-ha-lasciato.

Marta risponde che non lo lascia perchè se lo lasciasse non saprebbe come vivere, perchè i lavoretti non le danno abbastanza, e non ha nemmeno soldi per avvocati e affini, e non riesce ad immaginarsi una via d’uscita. Si potrebbe raccontare a Marta della solidarietà tra donne, si potrebbe aiutare Marta a reagire in qualche modo, a mettersi in gioco anche contro i suoi quarant’anni inoltrati, quasi cinquanta, ma è un processo lungo e complicato e nel frattempo lei subisce le minacce e Centri Antiviolenza e consultori chiudono, soprattutto in provincia. Probabilmente, per Marta, e per tante altre donne come Marta, col reddito di base sarebbe più facile uscire da matrimoni che diventano prigioni, sarebbe più facile reagire e lottare.

(nota: mentre leggevo questo articolo mi è capitato di leggere questo. Giocate a “trova le differenze“, anche voi)